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Il tribunale internazionale penale chiude i battenti

Da Redazione

Dicembre 22, 2017

Il tribunale internazionale penale chiude i battenti
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Il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia delle Nazioni Unite (ICTY) chiude i battenti dopo 24 anni di lavori. Fu fondato nel 1993, con sede all’Aia, nei Paesi Bassi, e divenne il primo tribunale internazionale per crimini di guerra ad essere istituito dai tempi del Processo di Norimberga.

La cerimonia di chiusura

Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, durante la cerimonia della chiusura ha voluto ripercorrere i mille giorni di processi costituiti nel tribunale, inoltre ha rammentato i cinquemila testimoni che sono stati ascoltati in fase di udienza.

I casi del tribunale internazionale penale

Tra gli imputati più celebri che l’ICTY ha giudicato ci sono Slobodan Milosevic, presidente della Repubblica di Serbia nel 1989 che nei periodi della guerra in Bosnia sostenne politicamente e militarmente i serbo-bosniaci e quindi l’esercito di Ratko Mladic (Quest’ultimo fu responsabile di molte atroci violenze di massa). Milosevic morì in carcere all’Aia a seguito di un infarto nella notte dell’11 marzo 2006, prima della sentenza.

Un altro caso molto importante seguito è Radovan Karadžić, ex presidente della Repubblica Serba di Bosnia con l’ accusa di essere membro dell’organizzazione criminale formata dagli ufficiali dell’esercito serbo-bosniaco, dai leader politici delle comunità locali e dai capi delle unità paramilitari che perseguitarono la popolazione non serba durante le guerre jugoslave. Egli rispose di una condanna a quarant’anni di carcere.

Ratko Mladic, l’ex generale serbo condannato all’ergastolo per genocidio, atroci crimini contro l’umanità e crimini di guerra, per il suo ruolo nella guerra in Bosnia negli anni Novanta, e in particolare nel massacro di Srebrenica e nell’assedio di Sarajevo.

L’ultimo grande processo che è stato celebrato dall’ICTY è stato quello all’ex generale bosniaco Slobodan Praljak. Quest’ultimo si è suicidato in tribunale bevendo del veleno a seguito della conferma in appello della sua condanna a vent’anni di reclusione.

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