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Mal di schiena, esiste un modo per combatterlo

Da Redazione

Aprile 11, 2018

Mal di schiena, esiste un modo per combatterlo
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Il mal di schiena non lascia scampo. Ma qual è il segreto per guarire?

In primis sicuramente c’è la possibilità fi allungare per distensione la muscolatura della colonna vertebrale e del diaframma, per intervenire sulla cifosi dorsale, sulla verticalizzazione cervicale, sulla lordosi lombare. Questo dovrebbe risolvere il dolore della colonna vertebrale, delle spalle e degli arti superiori.

Mal di schiena: cosa dice la fisioanalisi

Le soluzioni succitate sono state le promesse della Fisioanalisi, una tecnica di analisi del fisico che ricerca le posture scorrette assunte dalle persone nel corso degli anni. In questo modo si libera la colonna vertebrale e il diaframma dalla responsabilità della lotta antigravitazionale, azione che compiamo almeno 16 ore al giorno.

Ecco dunque una tecnica che permette al paziente di modificare spontaneamente la muscolatura della colonna vertebrale e del diaframma che da una situazione fi staticità passa a una condizione dinamica, diminuendo gli attriti che costringono la mobilità del corpo e provocano il dolore. La tecnica, nota in tutto il mondo, è stata usata anche presso l’UO di Analisi Fisica della ASL RMF della Regione Lazio dal 1999 al 2015.

Mal di schiena: le parole dello specialista

Il dottore Giuseppe Mastrodicasa, medico chirurgo specialista in Analisi Fisica ha spiegato «Si ottiene la risoluzione definitiva della patologia della colonna vertebrale, ovvero lordosi lombare, cifosi dorsale, verticalizzazione cervicale e quindi, delle ernie e protrusioni discali, e del movimento dei fluidi nella cavità toracica ed addominale, come gastriti, esofagite da reflusso, ernie iatali, colite, stipsi, ristagno urinario, insufficienza respiratoria. Si vince l’incapacità dell’umano di procurarsi la stazione eretta con il solo utilizzo degli arti inferiori, e quindi si curano soltanto le gambe del paziente, per cui la colonna vertebrale e il muscolo diaframma non più necessari alla stazione eretta, si rilasciano spontaneamente, senza altri interventi».

Per la terapia si usa un cilindro di legno del diametro di un centimetro che si mette sotto il piede del paziente in posizione eretta, all’altezza del riflesso plantare, e si fanno assume posture ortogonali delle varie articolazioni, che sono impedite dalla rigidità della muscolatura posteriore del corpo, in modo che tutto lo scheletro possa cadere sul piede nel rispetto della forza gravitazionale.

La tecnica non prevede farmaci e non è traumatica, in quanto non è l’operatore che porta il paziente in una posizione per lui innaturale, né si utilizzano aghi, ma avviene lo studio analitico delle sue difficoltà fisiche attraverso il sistema nervoso propriocettivo. È quindi senza la presenza di effetti collaterali.

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