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Alzheimer: nei topi regredisce, ma è possibile?

Da Redazione

Febbraio 15, 2018

Alzheimer: nei topi regredisce, ma è possibile?
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In uno studio sui topi affetti dal morbo dell’ Alzheimer, è emerso che una riduzione di un enzima chiamato BACE1 è in grado di invertire la formazione di placche amiloidi fino al punto di eliminarle.

Alzheimer nei topi: la scoperta

Una serie di esperimenti sui topi ha evidenziato che il blocco dell’attività di un enzima chiamato BACE1 può invertire il processo di formazione delle placche beta amiloidi che caratterizzano la malattia di Alzheimer. Questo processo può raggiungere una progressiva dissoluzione, con un discreto miglioramento delle capacità cognitive degli animali.

La scoperta è un punto di svolta genesi della malattia e potrebbe individuare un bersaglio terapeutico anche se la strada per un farmaco è ancora lungo.

Pare infatti che le placche amiloidi abbiano un ruolo di “innesco” della malattia, e dal momento che l’enzima BACE1 partecipa ad altri procedimenti fisiologici, si dovranno eseguire delle dettagliate ricerche per dar vita a dei farmaci in grado di sospendere l’influenza che ha sull’Alzheimer senza però determinare effetti collaterali gravi.

Le azioni sperimentali dei ricercatori

Riqiang Yan e colleghi hanno creato topi senza BACE1 fin dalla nascita, e li hanno poi incrociati con dei topi modificati in modo da sviluppare molto precocemente l’analogo murino della malattia di Alzheimer.

I topi nati dall’incrocio hanno iniziato a sviluppare placche amiloidi fin da 75 giorni, che si sono poi ridotte fino a scomparire completamente all’età di 10 mesi.

Riqiang Yan, a capo dello studio ha affermato che “A nostra conoscenza, questa è la prima osservazione di un’inversione così drastica della deposizione di proteina amiloide mai registrata in modelli murini della malattia di Alzheimer

La riduzione delle placche ha portato anche la riduzione di altri segni tipici della malattia, tipo l’attivazione delle cellule della microglia e la formazione di processi neuronali anomali. E per finire si è evidenziato un miglioramento delle capacità di apprendimento e della memoria (almeno nei topi).

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