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Morte di George Floyd: tutti i casi di afro-americani vittime per la violenza della polizia statunitense

Da Redazione

Maggio 27, 2020

Morte di George Floyd: tutti i casi di afro-americani vittime per la violenza della polizia statunitense
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La morte di George Floyd, il 46enne uomo afroamericano che è stato al centro di incredibili polemiche dopo aver trovato la morte negli Stati Uniti, è soltanto l’ultimo di una serie di avvenimenti che sono finiti al centro di una vistosa polemica nel contesto statunitense. È apparso come celebre agli occhi della cronaca quel tentativo di divincolarsi da parte di George Floyd, che ha chiesto per più e più volte di essere liberato dalla morsa di un poliziotto statunitense, perché non riusciva a respirare. L’uomo, che era stato fermato dalla polizia statunitense con l’accusa di possedere soldi falsi, ha trovato la morte probabilmente per soffocamento, nonostante non esista ancora un referto ufficiale e non siano state specificate in maniera ufficiale le cause della morte, al di là di ciò che è naturalmente possibile vedere all’interno di quei numerosi video che sono stati mostrati, e che portano alle accuse la polizia statunitense, rea di aver utilizzato la violenza come componente fondamentale del proprio lavoro, come i diversi casi nella storia americana, soprattutto recente, hanno dimostrato.

Per quanto le accuse si siano moltiplicate nelle ultime ore a partire dal 27 maggio del 2020, non è possibile, per dovere di cronaca, parlare di omicidio o di assassinio da parte della polizia statunitense, nonostante sia palese ciò che si può osservare all’interno dei filmati che sono stati diffusi tuttavia, che si tratti o meno di una morte avvenuta per cause naturali o per assassinio, la violenza mostrata all’interno del video, per lunghi tratti in giustificata di fronte alla materia che è possibile osservare, e soltanto l’ultima di una lunga serie che la storia americana ha accolto e che di recente ha potuto mostrare. Vale, dunque, la pena di prendere in considerazione tutti i casi di afroamericani vittime per la violenza della polizia statunitense.

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La morte di George Floyd e le accuse alla polizia statunitense

L’accusa di possedere soldi falsi, mossa da parte della polizia statunitense, ha portato a bloccare in maniera piuttosto violenta George Floyd, 46enne uomo afroamericano che ha trovato la morte il 27 maggio del 2020, a Minneapolis. L’uomo è stato bloccato violentemente a terra dalla polizia di Minneapolis, e nonostante abbia chiesto per più volte di essere liberato perché non riusciva a respirare, l’agente che lo teneva bloccato a terra non effettuato quell’azione che, con molta probabilità, l’avrebbe portato a salvarsi la vita.

L’uomo ha trovato la morte in ospedale, nonostante non esista ancora un referto ufficiale che possa chiarire se si tratta di omicidio o di una morte avvenuta per una motivazione differente. I video che sono stati diffusi e che mostrano gli atti che sono stati ripresi da diversi cittadini americani sono piuttosto emblematici nelle loro definizioni, nonostante non ci sia ancora la possibilità di parlare, dal punto di vista giornalistico, di omicidio. L’atto in sé, qualunque sia stata la causa di morte, ha provocato delle forti polemiche negli Stati Uniti, nel mondo dello spettacolo, dello sport e dei social, ma anche nella stessa città di Minneapolis là dove diverse auto della polizia della città statunitense stessa sono state assaltate da cittadini e distrutte a seguito del triste avvenimento di cronaca.

Le dichiarazioni di LeBron James e le polemiche nel mondo dell’NBA

Forti proteste, nell’ambito della morte di George Floyd, si sono sviluppate nel mondo dell’NBA, che non ha trovato altra via di protesta che non fosse attraverso i social. «Tutti sanno che ci chiamavamo l’un l’altro “Gemello”. Era andato in Minnesota per cambiare la sua vita guidando camion, gli avevo mandato due o tre scatole di vestiti, stava facendo la cosa giusta. E voi avete ucciso mio fratello. Ora andrò a Minneapolis, farò tutto ciò che mi è possibile per non far passare la vicenda sotto silenzio», ha scritto Stephen Jackson, nel ricordare il 46enne che ha trovato la morte. 

Le parole di LeBron James e Steve Kerr, invece, sono state del tutto differenti. Il tecnico dei Golden State ha scritto, senza mezzi termini: «Questo è un omicidio. È disgustoso. Sul serio, cosa diavolo è andato storto in noi????». LeBron James, invece, si è riferito alla figura di Colin Kaepernick, giocatore di football americano che – inginocchiandosi durante l’inno nazionale statunitense – protestò contro la brutale violenza della polizia statunitense, venendo pesantemente accusato, tra gli altri, anche da Donald Trump per questo motivo. 

La morte di Eric Garner e le accuse di omicidio a Daniel Pantaleo

Per le sue dinamiche e per il triste e tragico esito, la morte di George Floyd ha ricordato molto da vicino la morte di Eric Gardner, anch’egli cittadino afroamericano che ha trovato la morte il 17 luglio del 2014, ufficialmente per arresto cardiaco. L’uomo, che ha trovato la morte nel distretto di Staten Island di New York City, era stato fermato dalla polizia statunitense con l’accusa di vendere sigarette di contrabbando e senza contrassegni fiscali. La polizia fece visita al punto di vendita di Eric Gardner, e decise di arrestare l’uomo che, continuando a negare la possibilità di vendere sigarette single e senza contrassegni fiscali, decise di eludere l’intervento delle forze dell’ordine. A questo punto, stanco di essere molestato e dichiarando di essere in regola per le sue vendite, Eric Gardner ha deciso di reagire nei confronti delle forze di polizia, rifiutandosi di collaborare e allontanando le braccia dalla gente incaricato per la sua custodia, Daniel Pantaleo.

Per questo motivo, l’agente in questione decise di spingere a terra Eric Garner e trattenerlo con il braccio intorno al collo. Nonostante diversi ufficiali trattenessero Eric Garner e avessero già ammanettato l’uomo, Daniel Pantaleo non allentò la morsa nei confronti dell’afro-americano stesso, nonostante quest’ultimo chiese per ben 11 volte di essere liberato perché non riusciva a respirare. Dopo aver perso conoscenza, l’uomo è rimasto sdraiato sul marciapiede per 7 minuti, dopo essere stato girato su un fianco da parte degli agenti, in attesa di un’ambulanza. Garner è stato dichiarato morto in un ospedale della zona circa un’ora dopo con il referto ufficiale che ha parlato di arresto cardiaco, e che ha eliminato qualsiasi possibilità di omicidio da parte di Daniel Pantaleo, subito rimesso in servizio dopo la morte dell’uomo. Le forze di polizia hanno chiarito che le dinamiche della morte non erano state causate dalla gente Pantaleo, ma che erano state l’asma, le malattie cardiache e l’obesità dell’uomo a contribuire alla morte, nonostante negli Stati Uniti si diffuse una incredibile polemica che ha avuto i suoi effetti anche negli ultimi mesi del 2019.

L’omicidio di Michael Brown e le dichiarazioni di Barack Obama

Un altro avvenimento della storia recente negli Stati Uniti, verificatosi il 9 agosto del 2014 a Ferguson, nel Missouri, ha riguardato quello che è stato definito ufficialmente come omicidio di Michael Brown. L’uomo in questione, un diciottenne afroamericano, è deceduto dopo essere stato ripetutamente colpito da proiettili di arma da fuoco, sparati da un agente bianco della polizia di Ferguson, Darren Wilson.

L’uomo, che era sospettato secondo la polizia di un furto commesso qualche minuto prima, poi confermato successivamente, era stato trovato senza armi, e ucciso da parte dell’agente di polizia senza una possibilità di difesa o di reazione da parte dello stesso Michael Brown. Per questo motivo, la freddezza e il cinismo dell’agente di polizia è stato assolutamente condannato dal popolo statunitense, che ha dato vita a proteste pacifiche, manifestazioni e disordini, oltre che atti di vandalismo, forme di disagio sociale e altri tentativi di protesta che sono durati per più di una settimana, e che hanno provocato l’intervento diretto da parte dell’allora presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama. Quest’ultimo ha rilasciato una dichiarazione all’interno della quale esprimeva le sue condoglianze alla famiglia Brown, intimando al Dipartimento di giustizia statunitense di condurre un’indagine, che ha portato, partire dal 16 agosto 2014, il governatore del Missouri a dichiarare lo stato di emergenza e a stabilire il coprifuoco notturno da mezzanotte alle 5, poi replicato anche il 17 novembre alla vigilia della decisione per il rinvio a giudizio della gente Wilson.

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